A quattro anni dal primo sciopero femminista e transfemminista la sollevazione globale delle donne e delle soggettività dissidenti non si ferma e, sempre di più, segna e travolge tutte le lotte esistenti. Per questa ragione vogliamo lanciare una sfida moltiplicando tempi e luoghi della nostra rivolta: l’8 marzo sarà giornata globale di mobilitazione sui territori e il 9 marzo giornata di sciopero. Ci riapproprieremo di ogni spazio che quotidianamente ci viene sottratto: nelle città in nome di una presunta sicurezza, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nelle case. Trasformeremo il nostro tempo in agitazione, per riempirlo dei nostri desideri e costruire insieme strategie comuni, a dispetto di chi ci vorrebbe isolat* nelle nostre solitudini. Lo sciopero femminista e transfemminista è un atto politico di rifiuto della violenza.
Ci ribelliamo al quotidiano ripetersi degli stupri e dei femminicidi che vengono ormai trattati come qualcosa di ordinario e sempre, irrimediabilmente, come una responsabilità delle donne.
Ci ribelliamo alla brutalità che si scaglia contro le persone LGBT*QIA+, che si traduce in aggressioni verbali e fisiche che arrivano fino all’omicidio, maggiori difficoltà di accesso al lavoro, patologizzazione psichiatrica e svalutazione dell’autodeterminazione.
Ci ribelliamo alla violenza del patriarcato istituzionale: quella che nei tribunali punisce con la revoca dell’affido le donne e i minori che rompono il ricatto della violenza domestica; quella che criminalizza le donne che denunciano molestie, abusi o violenze; quella praticata negli ospedali dove viene sistematicamente ostacolata la nostra libertà di scegliere sui nostri corpi e sulle nostre vite; quella riprodotta nelle scuole e nelle università quando il sapere serve a legittimare ruoli e gerarchie di genere.
Ci ribelliamo alla violenza di chi tratta i nostri corpi e quelli di tutte le specie viventi e della terra come terreno fertile di profitto e sfruttamento.
Ci ribelliamo alle molestie che ci tormentano sui posti di lavoro per farci accettare silenziosamente il nostro sfruttamento quotidiano e salari sistematicamente più bassi di quelli degli uomini.
Ci ribelliamo al razzismo che si impone sui nostri corpi con la ferocia degli stupri sui confini e nei centri di detenzione, con lo sfruttamento di chi è ricattabile e senza diritti, che ci segue anche se siamo nate e nat* e cresciute in Europa, che ostacola continuamente con i confini la nostra libertà di muoverci.
Lo sciopero femminista e transfemminista è una rivolta globale. Le donne curde sul fronte della guerra scoppiata in Medioriente stanno combattendo contro il fondamentalismo patriarcale, neoliberale e autoritario che lega Erdogan, Trump, la Russia e l’Europa.
In America latina e in Africa da mesi insorgono sfidando la devastazione ambientale che sta travolgendo la vita di milioni di persone in nome di una colonizzazione capitalistica che passa attraverso lo sfruttamento e la distruzione degli ecosistemi, l’estrazione di risorse naturali e lavoro vivo, le imposizioni del fondo monetario internazionale e la repressione feroce dei governi nazionali.
In India sono sempre le donne che stanno combattendo per sfidare il razzismo istituzionale. Accanto a loro, in Italia e in Europa, noi pratichiamo lo sciopero come un processo che ci dà forza per rompere l’isolamento e i rapporti di potere esistenti.
Lo sciopero femminista e transfemminista è il momento in cui convergiamo in un’unica presa di parola. In comunicazione transnazionale con ogni rivolta femminista nel mondo, l’8 e il 9 marzo scendiamo in piazza insieme ed esprimiamo la nostra forza affinché ciascuna possa sentire di avere il potere di sottrarsi al ricatto della violenza domestica, istituzionale, economica, mediatica e giuridica e affinché tutte possiamo praticare una possibilità di liberazione dalla quale non vogliamo più tornare indietro.
L’8 daremo visibilità e parola a quelle condizioni di lavoro e vita che rischiano di essere considerate invisibili perché «è normale» che una madre passi la domenica a fare le pulizie mentre cucina per tutta la famiglia, o che le casse dei supermercati siano aperte e gestite da qualcuna che, per uno stipendio da fame, deve lavorare anche di domenica, magari sentendosi in colpa per aver «abbandonato i doveri familiari».
Per noi non è «normale» e in tutte le città mostreremo quello che è invisibile insieme al nostro rifiuto di accettare docilmente questo doppio sfruttamento, mostreremo quale rapporto ci sia tra la violenza domestica e quella sui posti di lavoro, tra lo sfruttamento che ci impongono i nostri padri, compagni e datori di lavoro, i governanti e la miseria dei nostri salari.
Per questo il 9 marzo proclameremo ancora una volta lo sciopero generale femminista e incroceremo le braccia, interrompendo il lavoro nelle nostre case, nelle fabbriche, negli ospedali, nei magazzini e nelle scuole, negli uffici e nelle mense, senza distinzioni di categoria.
Rivendichiamo liberazione ed emancipazione, un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale.Vogliamo aborto libero sicuro e gratuito, accesso alle cure e alla salute. Vogliamo autonomia e libertà di scelta sulle nostre vite, sui nostri generi e i nostri orientamenti sessuali. Vogliamo ridistribuire il carico del lavoro di cura. Vogliamo essere libere e liberu di andare dove vogliamo senza avere paura, di muoverci e di restare contro la violenza razzista e istituzionale. Vogliamo l’abrogazione delle leggi Sicurezza. Vogliamo la chiusura dei CPR, un permesso di soggiorno europeo senza condizioni, la rottura del legame tra soggiorno, lavoro e relazioni familiari e la cittadinanza per chi nasce e cresce in Italia. Vogliamo porre fine alla violenza patriarcale che sostiene questa società diseguale e questo modello economico capitalista ed estrattivista che distrugge il pianeta.
Siamo in agitazione permanente: per noi il femminismo è una postura e una lotta quotidiana. Verso l’8 e il 9 marzo costruiamo rivolta, riflessione e agitazione a partire dai territori che abitiamo: assemblee nelle città, incontri e mobilitazioni studentesche, riunioni sui posti di lavoro, intervento nei quartieri popolari, alleanze intersezionali senza confini.
Sappiamo che non tutt* potremo scioperare in maniera convenzionale, perché a molt* di noi il diritto di sciopero è stato sottratto! Precarietà, lavoro sommerso, disoccupazione: nessun* merita di rimanere sol*! Ed è’ per questo che invitiamo ognun* a partecipare e a rendere visibile la sua adesione allo sciopero nelle forme in cui sarà possibile e che diffonderemo nei prossimi giorni.
L’8 e il 9 marzo costruiremo tempi femministi con cui scandire le ore della nostra giornata, fuori dalla retorica dell’orologio biologico, ci riprenderemo ogni spazio che ci è stato negato! Perché lo abbiamo detto e non finiremo di ripeterlo: se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo!
Fonte: https://nonunadimeno.wordpress.com/2020/01/26/non-una-di-meno-a femminismo [3] sciopero 8 marzo [4]